Assenteismo: un problema del datore di lavoro ma non solo…
Ormai si sente parlare di assenteismo talmente di frequente che, purtroppo, sembra diventata una prassi consolidata.
In letteratura, per assenteismo si intende la sistematica assenza dal posto di lavoro per motivi ingiustificati o in conseguenza a giustificazioni fittizie, a volte sfruttando dei regolari permessi in modo illecito e altre nascondendo il periodo di assenza al datore di lavoro, per esempio non timbrando il cartellino.
La portata dell’assenteismo viene calcolata in base a due misure: la frequenza e la durata. Esse indicano rispettivamente il numero di volte in cui un dipendente si è assentato in modo ingiustificato dal lavoro e il numero di giorni consecutivi per ogni assenza.
È curioso notare che, statisticamente, le assenze con durata più lunga sono quelle relative a malattie o problemi reali (si parla di assenteismo involontario) mentre, al contrario, quelle brevi e frequenti sono quasi sempre imputabili a menzogne (assenteismo volontario).
Le problematiche collegate a questo tipo di pratica sono molteplici.
Le conseguenze più immediate sono quelle relative ai danni arrecati all’azienda, in quanto un assenteismo sistematico, anche di un solo dipendente, da una parte genera una diminuzione della produttività, che oltre a danneggiare l’economia aziendale in senso stretto pesa sui dipendenti che si trovano a dover fare straordinari per compensare il lavoro mancante e, dall’altra, ci sono i datori di lavoro, che subiscono delle perdite di tempo notevoli per cercare di gestire le assenze.
Ci sono però anche conseguenze non così facilmente misurabili:
· da una lato abbiamo il così detto “cattivo esempio” che viene dato agli altri dipendenti che potrebbero sentirsi in diritto di imitare tali comportamenti che non vengono puniti e che generano una mancanza di motivazione generale;
· dall’altro lato ne paga le spese anche la collettività per i disservizi ed i disagi che ne derivano.
In particolare, quest’ultimo punto è molto interessante poiché mette in luce il fatto che l’assenteismo non è solo un problema delle imprese, ma può esserlo anche per l’intera società, soprattutto quando si tratta di aziende che offrono servizi pubblici.
In proposito merita di essere menzionato un fatto di cronaca molto recente per cui, grazie a un’indagine iniziata nel 2016, che ha visto indagati 40 dipendenti di un’azienda pubblica in Sicilia, è scaturito un provvedimento nell’aprile di quest’anno che visto 16 dipendenti, tra cui 3 dirigenti, sospesi dalla loro funzione.
Ma come si può porre un freno a tutto questo?
Dal punto di vista legale, lo strumento pensato per contenere e disincentivare pratiche di questo genere è il “licenziamento disciplinare” che comprende sia il licenziamento per “giusta causa” sia quello per “giustificato motivo”.
Il primo tipo è pensato per i casi più gravi e, appunto per i casi in cui viene provato che si tratta di assenteismo volontario e prevede il licenziamento immediato e senza preavviso.
Al secondo tipo appartengono infrazioni meno gravi ed il datore di lavoro deve rispettare il termine del preavviso indicato nel contratto di assunzione.
Dal punto di vista pratico, purtroppo, l’assenteismo non è così facile da provare.
Se il datore di lavoro cercasse di verificarlo in prima persona, questo comporterebbe un dispendio di tempo e denaro consistente, in aggiunta al fatto che, non essendo un professionista nel settore, rischierebbe di far sapere al dipendente di essere sotto controllo e quindi ridurrebbe le possibilità di scoprirlo.
Un valido strumento per sopperire a tale problema è sicuramente quello delle indagini private.
Oltre alla discrezione che contraddistingue la metodologia di lavoro dell’investigatore privato, l’utilizzo di questo strumento permette di ottimizzare le risorse per un azione più diretta e con maggiori possibilità di successo.
Le prove ottenute, naturalmente, saranno valide in sede giudiziaria e potranno essere utili anche qualora il dipendente licenziato decidesse di intentare una causa di reintegrazione nei confronti del datore di lavoro.
#Tomponzi