#Stalking: non è sempre facile da appurare!
Lo stalking (dall’inglese to stalk, letteralmente “fare la posta”) è un reato penale che si configura nella categoria dei delitti contro la libertà morale. Inserito nel nostro ordinamento attraverso il d.l. n. 11/2009 e convertito dalla legge n. 38/2009, ha introdotto all’articolo 612-bis la fattispecie di reato di “atti persecutori”, il quale punisce chiunque che “ con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Come si evince dal testo dell’articolo, il reato di stalking di compone di atteggiamenti che generano nella vittima tre conseguenze fondamentali: un perdurante stato di ansia o di paura, un timore fondato per l’incolumità propria o di un una persona vicina, ovvero la costringe ad alterare le proprie abitudini di vita. Si noterà la somiglianza con il reato di “violenza domestica”, da cui però differisce per il fatto che mentre in questo sono imputabili sono i componenti del nucleo familiare, nel reato di stalking qualunque persona lo è, senza presupporre per forza un qualche legame affettivo con la vittima.
Ormai, lo stereotipo dello stalker è associato ad una persona di sesso maschile, solitamente un ex che non riesce ad accettare un rifiuto o la fine di una relazione, ed effettivamente i dati statistici danno ragione a questa teoria, ma posso essere fuorvianti. Lo stalking, infatti, è praticato sia da uomini sia da donne, sia per questioni relative alla sfera amorosa ma anche per situazioni di ogni genere; basta pensare alla “stalker condominiale” condannata nel 2017 per atti persecutori ai danni dei suoi vicini, con oltre cinquanta denunce a suo carico.
Un serio problema legato allo stalking è il prolungamento dei tempi necessari all’acquisizione di prove rilevanti ad essere ricevuti in giudizio, il che significa prolungare direttamente il periodo di vessazione della vittima. Da poco un fatto di cronaca particolarmente interessante a questo proposito è venuto alla luce e merita di essere riportato. Una povera malcapitata, L. C., ha dovuto subire per più di due anni le vessazioni del suo stalker, che tramite l’invio di fiori, appostamenti sotto casa, messaggi inappropriati, proposte di matrimonio e quant’altro ha reso la sua vita un vero inferno. È stata costretta a cambiare casa, abitudini, numero di cellulare ed essendo un personaggio pubblico, anche a subire limitazioni nel suo lavoro, in quanto intimorita nel dire dove si sarebbe trovata e le apparizioni che avrebbe effettuato. Il fatto eclatante è che prima di essere riuscita a far incriminare il suo stalker ha dovuto presentare in complessivo ben ventidue denunce presso il comando di polizia, ed il fatto che sia stato finalmente arrestato è merito solo della sua poca furbizia che l’ha spinto ad esporsi in modo aggressivo in un momento pubblico, a cui le forze dell’ordine hanno potuto assistere personalmente. Se ciò non fosse successo probabilmente la sua attività di stalker sarebbe proseguita per ancora qualche tempo, proprio per la difficoltà di raccogliere delle prove che lo incriminassero inequivocabilmente.
Per ovviare a tale problema ci sono tanti modi che posso essere presi in considerazione, uno di questi è sicuramente lo strumento delle indagini private. L’ausilio di un investigatore privato non deve essere per forza alternativo a quello delle forze di polizia e nel caso in cui le prove raccolte in sede privata, ed utilizzabili in sede giudiziaria, appurassero che si tratta davvero di reato di stalking, con il consenso della persona offesa, potranno essere sottoposte alle forze di polizia per intervenire in modo sinergico sulla questione ed ottenere i migliori risultati possibili.